CRONACHE
Di Nino Barone
Per un pungo di… dolci!
Le voci circolano! Nell’ambiente dei Misteri non solo circolano ma stravolgono i fatti accaduti snaturando gli stessi della verità vera. Ognuno insomma ci mette del suo fino a che, un evento, anche piccolo, assuma grandi dimensioni degne, appunto, di una grande processione.
Ecco che un animato diverbio tra il rettore della chiesa del Purgatorio e il noto Giuseppe Lantillo, anima e cuore dei Fornai, si è trasformato, passando di bocca in bocca, in un’aggressione senza precedenti dove ad avere la peggio sarebbe stato il povero prete stramazzato a terra dopo essere stato colpito da un pugno sferrato dall’implacabile console.
Non risultano interventi di soccorso a favore del rettore e nessuna ambulanza sembra abbia varcato la piazza affollatissima in occasione della Scinnuta.
Cosa sarà mai successo tra i due ex compagni di scuola quel venerdì di Quaresima in cui i Fornai insieme ai Muratori e Scalpellini esponevano i gruppi scultorei di pertinenza?
Da quanto è emerso l’accesa discussione ci sarebbe stata, favorita pure da un’antica amicizia, ma senza feriti né morti ammazzati. L’indomani tutti si aspettavano un Don Nicola Rach bendato, con il volto lacerato e occhi neri e invece il prete era lì, ancora in quella chiesa, integro e pieno di vita, ad accogliere i tanti turisti che in quei giorni visitavano i Misteri.
Qualche giorno dopo la presunta aggressione il rettore si è visto recapitare dei dolci. Cannoli e sfincioni di San Giuseppe per palati siculi veraci.
In Quaresima uno strappo alla regola ci può anche stare soprattutto se utilizzato come modo carino di chiedere scusa. Scuse dovute per avere soltanto alzato la voce, nient’altro.
Il mittente della “dolce” missiva: Giuseppe Lantillo! Chi altri se non lui!
E pensare che già il primo venerdì di Quaresima era stato turbato da una lite avvenuta in piazza Purgatorio scatenata da un individuo in vistoso stato di ebbrezza. Così tra le liti o presunte tali, i libri presentati e i mormorii del popolo dei Misteri sono trascorsi quaranta giorni. Poi l’apertura di quel portone e finalmente la processione che si snoda, come la rigida legge dell’alternanza impone, nel solo centro storico che fatica vistosamente a contenere più di un chilometro di corteo.
Sembrava, insomma, di stare sempre nello stesso punto. Infatti il corso Vittorio Emanuele è stato transitato più volte nell’arco dell’intera cerimonia. E proprio nel momento in cui il passaggio nell’arteria principale della città antica doveva essere tra i più suggestivi della storia cominciava inevitabilmente la cosiddetta “corsa dei cavalli”.
Il comitato esecutivo mai così impotente. E mentre alcuni degli addetti ai lavori compensavano la delusione con le foto di rito e col pensiero fisso di rivedersi magari in un video su Youtube, altri dimostravano invece il proprio dissenso nei confronti di un percorso ampiamente discutibile, le cui disfunzioni erano state palesemente previste.
Resta l’amaro in bocca a quanti avrebbero voluto un destino diverso per un rito dalle radici antichissime, simbolo di rinascita, che continua a sbriciolarsi davanti agli occhi indifferenti di consoli volontariamente distratti ai richiami della gente. Malgrado imponenti cordoni al collo e bastoni per le mani, che simboleggiano chissà quale astruso potere, la processione va a rotoli.