CRONACHE
Di Nino Barone
Vorrei riprendermi…!
Ricordo volentieri quando scalavo dal calendario le giornate che trascorrevano lente. Bastava una piccola crocetta per sentirmi più vicino alla Settimana Santa e a quella processione capace di cullarmi al punto da farmi sentire suo figlio.
Le sensazioni erano davvero indescrivibili. Un piccolo stendardo mi attendeva come un compagno fedele in un angolo di quell’antica sede, nel cuore della vecchia Trapani. I profumi pervadevano i miei sensi e la mia innocenza di bambino. Mi scolpivo man mano a quei volti, rassicuranti e festosi, alle loro ansie e alle loro ambizioni e mi sentivo ancora più figlio di questa tradizione secolare che solo per caso accarezzava la mia vita.
E poi l’indimenticabile emozione dell’uscita, la folla riversata sulla piazza, la prima marcia funebre intonata; mi sembrava l’universo, ma erano gli occhi di un bambino della quinta elementare. E ancora quel timido arrivo a Piazza Vittorio dove, tra la folla, intravedevo i miei parenti felici di vedermi all’opera. Mi sentivo importante, realizzato. Sono passati quasi quarant’anni ma sento ancora quei profumi, la voce di quei consoli indaffarati che risalivano, in un estenuante vai e vieni, la processione quasi perfetta come perfetti sono i plotoni militari. Sono impressi nella mia mente quegli sguardi orgogliosi, le parole, i gesti.
Di tutto ciò ne ho fatto tesoro anche se oggi quell’universo si è notevolmente rimpicciolito. È rimasto l’amore, ma non basta per affermarsi in questo mondo tanto affascinante quanto contraddittorio. È una lotta continua quella di far valere le proprie idee, estenuante come la stessa processione. Bisogna essere, insomma, un po’ marpioni per riuscire a imporre la propria personalità senza rischiare il linciaggio che potrebbe avvenire con strambe modalità.
Dall’altro versante la Chiesa propone un’evangelizzazione ad ampio raggio di cui l’ambiente ha certamente bisogno, ma può bastare a modellare una cultura radicata, a tratti ermetica, che non guarda oltre il proprio orticello? La Chiesa, non quella di oggi, ma quella del passato credo abbia delle responsabilità per aver concesso manforte alle maestranze cittadine, affidatarie dei sacri gruppi dei Misteri, dove non sempre tra i componenti vi erano fedeli per Fede. Tutto questo è evidente e si rileva dal comportamento di taluni individui che, per ottenere potere e consenso, sono disposti a vendersi, o meglio a svendersi a chiunque possa favorirli nelle loro, a volte pessime, strategie.
Poi vi sono i pecoroni, quelli che si comprano con un caffè, preferibilmente in un bar del centro dove tutto all’improvviso diventa “misterioso”, dove si organizzano persino, tra una risata e un’altra, complotti e boicottaggi. Ciò nonostante la processione è lì e si rinnova anno dopo anno, vittima indiscussa delle decisioni che gli uomini preposti alla sua organizzazione emettono, spesso senza alcun criterio o per accontentare il solito rompiscatole di turno. Itinerario e picciuli sono gli unici argomenti che scandiscono l’attività dell’Unione Maestranze, poi vi è il nulla. Vorrei riprendermi, solo per un istante, gli occhi di quel bambino che ero, quel tempo in cui tutto mi sembrava fiabesco, persino quel faticoso cammino del Venerdì Santo.
Vorrei riprendermi le carezze di mia madre che mi attendeva per la sosta a Piazza Vittorio, l’incoraggiamento dei parenti e dei consoli. Vorrei riprendermi quell’alba a Piazza Scalo d’Alaggio che, probabilmente dall’edizione 2017, non vedrò mai più. Vorrei riprendermi i trapanesi, fedeli e non, che si riversavano in massa nella centralissima via Fardella dove la processione si estendeva in tutta la sua maestosità.
Vorrei riprendermi la via Nunzio Nasi, esclusa senza alcuna opposizione dall’itinerario processionale del 2017; lì, la notte dei Misteri, aveva un fascino speciale.